CITTÀ UNESCO

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Itinerario Barocco del Val di Noto Patrimonio UNESCO

  • La Valle del Barocco. Carta realizzata dal Centro Internazionale di Studi sul Barocco.

Le città Barocche del Val di Noto sono state dichiarate nel giugno del 2002 “Patrimonio dell’Umanità” e inserite nella lista Unesco di protezione del patrimonio mondiale.
Si tratta di un'area assai vasta che comprende otto città: Caltagirone, Catania, Noto, Militello in Val di Catania, Modica, Palazzolo Acreide, Ragusa e Scicli, scelte come emblematiche del più ampio fenomeno di ricostruzione, seguita al terremoto del 1693, che ha interessato l’intera area della Sicilia Sud-Orientale.

Tutto il dossier scientifico delle otto città è stato redatto dal CISB su incarico della Soprintendenza ai BB.CC.AA. e del Ministero per i Beni e le Attività Culturali.

«Prendere coscienza della propria identità e del proprio destino è fondamentale per la conservazione della città». Per tale ragione il Centro Internazionale di Studi sul Barocco ha organizzato dal 5 al 12 Dicembre 2003 l'VIII Corso Internazionale di Conservazione e Storia dell’Architettura “Vie del Barocco nella Sicilia Sud-Orientale”.

 

 

Le città Barocche del Val di Noto "Patrimonio dell'Umanità"

  • Veduta generale

Il tessuto urbano di Caltagirone è emblematico del fenomeno di continuità che può leggersi, nonostante i sismi, in alcuni centri del Val di Noto. Anche se in parte ridisegnato dopo il terremoto del 1693, conserva quasi intatta l’impronta medievale, sulla quale si innesta in modo originale la seicentesca crux viarum. Dei due assi viari che caratterizzano la croce di strade, domina spazialmente quello in direzione nord-sud, il cui fulcro è costituito dalla spettacolare e alta scalinata di Santa Maria del Monte. Si tratta di un asse viario che, esemplare per la straordinaria articolazione altimetrica, esaltata dalla configurazione barocca, diviene elemento rappresentativo dell’impianto urbano di Caltagirone.

  • Chiesa di Montevergini

L’impianto urbano di Noto costituisce, nel suo complesso, l’esempio di gran lunga più rappresentativo della civiltà urbanistica del dopo terremoto. Si tratta infatti di una città interamente riferibile all’età tardo barocca, ricostruita ex novo con assoluta unicità di tempi e di modelli in un sito diverso dall’originario, abbandonato dagli abitanti. E’ un raro caso di città pianificata tutta insieme, il cui disegno - per quanto riguarda la parte monumentale – è stato attribuito con ragionevole certezza al grande architetto e ingegnere gesuita Angelo Italia.

  • Veduta generale

La città di Ragusa rappresenta tipologicamente l’esempio più significativo di una duplice realtà dal punto di vista urbanistico: Ibla, frutto di successivi adattamenti funzionali dell’antico abitato, posto sul sito collinare, e Ragusa, fondata ex novo dopo il 1693, modello di nuova pianificazione, con impianto fortemente geometrizzato, riferibile culturalmente ai disegni delle nuove città latino-americane. Costituisce l’esempio più rappresentativo del fenomeno dello sdoppiamento di città conseguente al sisma, con nascita di un nuovo nucleo urbano.

  • Via Etnea (sullo sfondo l'Etna)

L’area urbana di Catania, inclusa tra piazza Duomo, via dei Crociferi e i monumenti limitrofi, è stata scelta perché emblematica nell’ambito dell’integrale piano di ricostruzione della città avvenuto dopo il terremoto del 1693. Catania è infatti un esempio tra i più significativi di città interamente ricostruita in situ. Dal punto di vista tipologico, la qualità della città deriva essenzialmente dai caratteri di modernità del suo piano, concepito in modo unitario, su un modello di base ortogonale, ma in cui si inscrivono grandi assi viari che non rispettano però in pieno la regola dell’ortogonalità. Con tali maestosi rettifili si combina nell’area centrale l’apertura di una sequenza di piazze, tutte diverse tra di loro per schema geometrico e per la qualità del contesto architettonico. L’impianto di Catania, per le sue caratteristiche progettuali, può anche considerarsi il più avanzato per gli accorgimenti antisismici adottati, espressamente citati dalle disposizioni del Senato cittadino, subito dopo il terremoto del 1693.
Bisogna pur tuttavia aggiungere che l’urbanistica moderna della città non nasce interamente dopo il terremoto del 1693, ma ha le sue radici nel processo di trasformazioni urbane indotto dall’eruzione del 1669.

  • Veduta generale

L’antica via del Corso di Scicli è un esempio significativo del più ampio fenomeno dello slittamento urbanistico che interessa l’antico abitato della città, che nel corso del tempo si sviluppa dalla collina verso la pianura sottostante. Nel suo insieme urbano - in cui architettura e natura sono da considerarsi in netta simbiosi – Scicli è un modello di insediamento che prende le mosse dalla fortezza in cima al colle di San Matteo, scende giù lungo i pendii fino a svilupparsi con caratteristiche di assoluta unicità nella parte bassa, pianeggiante. La città risulta così inserita in maniera spettacolare all’interno di tre “cave”: del torrente di Modica, di Santa Maria la Nova e di San Bartolomeo.

  • Chiesa di San Giorgio

La chiesa di San Giorgio e la chiesa di san Pietro a Modica sono per la storiografia tra i più emblematici monumenti della cultura architettonica dell’età tardo-barocca, espressione dell’avanzata progettualità degli architetti e delle maestranza del tempo, influenzati certamente, attraverso la circolazione libraria di incisioni, da modelli riconducibili ad architetture coeve dell’Europa centro danubiana.
La cultura del progetto e la cultura del cantiere, combinata con l’abile sapere delle maestranze, fanno qui un tutt’uno inscindibile. Il San Giorgio,dalla imponente e scenografica facciata a torre “alla siciliana” e il San Pietro, animato dalle statue dei dodici apostoli, costituiscono con la loro mole, in cima ad un’ampia scalinata, un inconfondibile “segnale” del paesaggio sacro degli Iblei, di assoluto valore architettonico, scultoreo e ambientale.

  • Chiesa di San Nicolò

Le due chiese di Militello sono esempi particolarmente rappresentativi della continuità della tradizione costruttiva dovuta alle maestranze locali, in un contesto urbano che è tra i più emblematici del potere dei grandi feudatari. Militello è infatti uno possedimenti feudali distrutti, legato ai Branciforte. In particolare all’illuminato principe Francesco Branciforte si deve il nuovo tracciato urbano della città prima ancora del 1693, che assorbì l’intera opera di ricostruzione post- terremoto, saldando i due momenti in una configurazione unitaria.

  • Particolare della Chiesa di San Paolo

Le due chiese principali di Palazzolo sono esempi particolarmente rappresentativi della ricchezza e del potere delle locali confraternite, al cui fondamentale ruolo si attribuisce buona parte della ricostruzione dello spazio sacro dopo il terremoto, non solo a Palazzolo, ma all’intero Val di Noto. Attraverso i propri rettori e procuratori, le confraternite promuovono suppliche e svolgono mediazioni assidue con la Diocesi di Siracusa per il rilascio delle licenze di riparo e ripristino degli edifici danneggiati, affidati all’abilità delle maestranze locali. Amministrando notevoli capitali, le confraternite estendono il loro controllo in tutta l’area di pertinenza delle chiese e del relativo quartiere, gareggiando ciascuna, ai fini di affermare la supremazia della propria parrocchia rispetto alle altre. La competizione, che si traduce nella ricchezza delle architetture e degli apparati decorativi, è anche un indicatore dei rapporti tra gruppi contrapposti della società del tempo: la più conservatrice aristocrazia, che si identifica nel quartiere di San Paolo, e i nuovi ceti urbani (artigiani, commercianti, nuovi proprietari terrieri) che, riconoscendosi nel quartiere di San Sebastiano, promuovono in questo sito l’ampio sviluppo post-1693.
L’opera dei capimastri e architetti attivi a Palazzolo e le vicende stesse della ricostruzione della città condensano in modo significativo i caratteri della rinascita dei piccoli borghi feudali del Val di Noto.

Ragioni che giustificano “l’eccezionale valore universale” dei beni culturali del Val di Noto

(tratte dal Dossier Unesco redatto dal CISB)

Per la qualità e la rilevante omogeneità dei suoi beni architettonici e urbanistici, il Val di Noto costituisce un patrimonio di “eccezionale valore universale”.
Per l’età barocca, non esiste in Europa un fenomeno urbanistico paragonabile alla rinascita siciliana conseguente al terremoto del 1693, che distrusse circa 60 città, alcune delle quali completamente rase al suolo, altre fortemente danneggiate o in parte demolite.
Per queste ragioni l’antico Val di Noto può essere considerato il più grande cantiere della storia di Sicilia e, per quel che è dato conoscere, forse il più grande laboratorio di sperimentazione dei modelli internazionali del barocco.
E’ proprio la consistenza di tale fenomeno – per la quantità di centri ricostruiti, rifondati o ristrutturati, ma anche per la eccezionale qualità degli esiti raggiunti – a fare di quest’area un caso pressoché unico, in cui è possibile riscontrare l’applicazione di comuni criteri culturali e costruttivi.

Le otto città scelte per l’inserimento nella “lista del patrimonio mondiale” costituiscono dei casi esemplari rispetto al più ampio fenomeno della ricostruzione post-1693.

Esse sono state distinte, in base ai propri caratteri di specifica identità, in tre categorie, richiamate nella World Heritage List:

  1.  Centri storici (ne fanno parte le città di Caltagirone, Noto e Ragusa);
  2. Ambienti urbani: vie e piazze (Piazza Duomo, Via dei Crociferi e monumenti limitrofi di Catania; l’antica Via del Corso San Michele di Scicli, oggi Via F. Mormina Penna);
  3. Monumenti (le chiese di: San Giorgio e San Pietro a Modica; San Sebastiano e San Paolo a Palazzolo Acreide; San Nicolò e Santa Maria della Stella a Militello Val di Catania).

L’itinerario va inteso come esperienza culturale attiva, da cui far emergere i caratteri di specifica diversità e pur di unità dei vari insediamenti nel contesto del Val di Noto.
Il “thème porteur” è certamente il barocco, tuttavia non si tratta solo di un “viaggio” attraverso il barocco, dal momento che le risorse di questo ricco territorio sono al contempo paesaggistico-ambientali e archeologiche. Basti pensare all’area archeologica di Siracusa, ai siti di Noto antica, di Eloro, di Vendicari, di Akrai, alla Valle dell’Anapo, a cava d’Ispica, ai siti archeologici del ragusano, ai complessi paesaggistici di Caltagirone e Militello, all’area archeologica di Catania, all’Etna e così via. Tutto questo sta a dimostrare l’antichissima origine degli insediamenti del Val di Noto e l’attaccamento sacrale dei suoi abitanti al territorio nonostante i terremoti.

Motivazioni ICOMOS 2002

IDENTIFICAZIONE

Bene proposto: La ricostruzione del Valle di Noto all’epoca tardo barocca (sud-est della Sicilia)
Luogo: Province di Catania, Ragusa e Siracusa, Sicilia
Stato coinvolto: Italia
Data: Prima proposta d’iscrizione ricevuta il 22 giugno 2000, rivisitata l’11 gennaio 2002

Giustificazione proveniente dalla Stato coinvolto: I centri storici e gli ambienti urbani delle città proposte per l’iscrizione, costituiscono un capolavoro del genio creatore dell’uomo alla fine dell’epoca barocca.

CRITERI

Criterio I
Rivelano un notevole ed unico scambio di valori umani, all’occasione dell’importante sforzo collettivo compiuto nella ricostruzione delle città a seguito del terremoto del 1693.
Le classi sociali del periodo (clero, aristocrazia e nuovi ceti medi urbani), con il governo spagnolo, architetti e artigiani, lavorano per ricostruire paesaggi urbani interi.

Criterio II
I centri storici e i siti urbani proposti per l’iscrizione testimoniano di tradizioni culturali che si sono perdute dappertutto, come le tecniche di concezione e l’approccio novatore tipici del post 1693, epoca in cui le forme artistiche minori e maggiori si intrecciano per dar nascita ad un’unità particolare, e le conseguenze eccezionali degli artigiani locali si sposano con il lavoro della pietra locale.

Criterio III

Sono luoghi di notevole importanza per la forte concentrazione di edifici monumentali dell’epoca tardo Barocca di un eccezionale valore architettonico e decorativo, come le pietre e i tracciati degli edifici religiosi e delle facciate con campanile. Le facciate, in quanto monumenti urbani, giungono al loro apogeo con San Domenico a Noto, San Giorgio a Ragusa e San Giorgio a Modica.

Criterio IV

Tuttavia sono vulnerabili, perché disseminati in una regione sismica e a causa del cattivo stato di gran parte della muratura, particolarmente del calcare. In più Catania è a rischio di eruzione vulcanica.

Criterio V

Categoria di bene
In termini di categorie di beni culturali, così come sono definite dall’articolo primo della Convenzione del patrimonio mondiale del 1972, si tratta di una serie di otto insiemi.

STORIA E DESCRIZIONE

Storia
Alcune delle città proposte per l’iscrizione (Caltagirone, Militello) sono d’origine pre-medievale e tutte esistevano nel Medio Evo, generalmente attorno ad un castello e con fondazioni monastiche. La maggior parte sembrano essersi modificate nel XVI eXVII secolo; sono toccate, a gradi diversi, dal terremoto del 1693, che fece circa 93.000 vittime.
Catania, per esempio, viene distrutta, esattamente come Noto, in cima al monte Alveria, mentre Militello è parzialmente distrutta e Ragusa seriamente danneggiata. Anche le reazioni al terremoto variano: Catania viene ricostruita interamente nello stesso sito, Militello viene parzialmente abbandonata, a Ragusa si combina insieme nuovo a antico, e si ricostruisce interamente Noto in un altro sito. Durante tutto il XVIII secolo le città pullulano di attività di costruzione, soprattutto chiese, grandi edifici pubblici e palazzi. Nel 1990, un altro terremoto tocca alcune parti di certe città, Ragusa in particolare. La proposta d’iscrizione poggia quasi interamente su l’arte e l’architettura urbana del XVIII secolo e non fa menzione dell’economia urbana o delle relazioni urbano/rurali.

Descrizione
Il sud est della Sicilia, un tempo territorio dell’antica provincia Val di Noto, ospita centri urbani di un’omogeneità e qualità eccezionali. Questi ultimi sono caratterizzati da numerosi edifici e monumenti tardo barocchi, costruiti dopo i terremoti del 9 e 11 gennaio 1693 e che causarono gravi danni ad una sessantina di città del territorio. La zona sismica, il cui epicentro si trovava nel Val di Noto, si estendeva dalla Calabria alla costa nord africana, passando per Malta.

La maggior parte delle città del sud-est della Sicilia sono state ricostruite nel sito originario (Catania per esempio). Alcune, come Noto, sono state ricostruite in altro sito.
Altre come Ragusa e Palazzolo Acreide, sono state “doppiate”, con nuovi centri urbani creati accanto a quelli originari. Altri ancora sono stati spostati verso zone vicine già parzialmente urbanizzate (Scicli e Modica, per esempio) o semplicemente aggiustate (Caltagirone).

La ricostruzione del Val di Noto è stata una fortuna, che ha dato luogo ad un immenso rinnovamento artistico, architettonico e anti-sismico delle città, di stile medievale sino al 1693. L’architettura e l’urbanistica “moderna” del sud-est della Sicilia diventano la prima risposta specifica ad un sisma, risposta data da architetti famosi come Rosario Gagliardi e Giovan Battista Vaccarini, da artisti ispirati o ancora da migliaia di artigiani anonimi di talento. Fortemente influenzato dalla moda barocca esteriore, “lo stile siciliano”, comprese le sue famose facciate-torre, si sviluppa fino a diventare esso stesso influente, un successo reso possibile dalle forti interazioni economiche fra i diversi gruppi sociali all’indomani del disastro. Lo Stato interviene massicciamente e la ricostruzione è ben organizzata: sembra che questi due elementi siano stati le due condizioni sine qua non di questa originale ed impressionante soluzione che ha trasformato una vera catastrofe in opportunità. Duecento anni più tardi, a causa di un lungo degrado e l’attività sismica, molti grandi edifici e complessi monumentali necessitano di maggiori interventi in materia di restauro, consolidamento e mantenimento.

Gli otto centri storici e zone urbane proposti per l’iscrizione alla Lista del patrimonio mondiale devono essere considerarti come rappresentativi di una ricostruzione post-sismica di grande successo nei decenni che seguirono l’anno 1693.

Caltagirone: la più ad ovest fra le otto città proposte per l’iscrizione, possiede un centro storico notevole per la sua urbanistica dalle molteplici sfaccettature, le sue facciate architettoniche, e per il suo legame inusuale fra il pre e post 1693. la sua ricca architettura s’iscrive in un contesto urbano nato dalla configurazione del sito. Fra gli edifici più importanti figurano le chiese Santa Maria del Monte, San Giacomo l’Apostolo, San Giuseppe, San Domenico, San Salvatore (e il Monastero dei Benedettini), Santa Chiara e Santa Rita (e il Monastero delle Clarisse), del Gesù (e l’antico Collegio dei Gesuiti), Santo Stefano, San Francesco d’ Assisi e, fra gli edifici secolari, la Corte Capitanale, il Museo cittadino, l’antico monte di pietà e il ponte San Francesco.

Militello Val di Catania: è un sito importante per la ricchezza della sua architettura che risale al XIV secolo e per l’eccezionale tracciato urbano a bastioni del XVII secolo, anteriore al terremoto, che era all’avanguardia delle città feudali siciliane e che fu fedelmente riprodotto per la ricostruzione dell’epoca tardo barocca. I suoi edifici principali sono le chiese San Nicolò e Santa Maria della Stella, quest’ultima completata nel 1741 nel sito di Sant’Antonio Abate e la prima zona di San Leonardo.

Catania: raggiunge un’urbanistica di una qualità particolare allorquando viene ricostruita secondo un piano unitario esaustivo, geometrico sulle rovine della città distrutta. Nel centro: Piazza Duomo e via Crociferi, la vicinissima Badia di Sant’Agata, la Collegiata, il Monastero Benedettino e Palazzo Biscari.

Modica: è formata da due centri urbani, il primo in cima allo sperone roccioso della collina degli Iblei, a sud, l’altro ricostruito ad un livello inferiore dopo il sisma del 1693, con importanti e grandiosi monumenti come la cattedrale di San Giorgio e la chiesa di San Pietro.

Noto: eccezionale esempio di città totalmente ricostruita in un sito vicino a quello originario, si eleva su due livelli: una sezione superiore sull’altipiano ed una seconda ad un livello inferiore sul versante. E’ in questa seconda zona che si trovano i palazzi nobiliari e i complessi religiosi del XVIII secolo, la topografia, il piano urbano e l’architettura si sposano per fondersi in un quadro barocco spettacolare. Comprende nove complessi religiosi e molti palazzi.

Palazzolo: come Modica, possiede due centri: un centro storico medievale, dove nell’antico sito, ma lungo un nuovo asse, è stata ricostruita una città nuova, ed una “città nuova” del post 1693 che si sviluppa sul pendio che sale sino al sito più antico, l’Akrai greco. Le due chiese, San Sebastiano e San Pietro e Paolo, sono in gran parte ricostruite dopo il 1693; la prima accoglie i nuovi ceti urbani, la seconda la vecchia nobiltà.

Ragusa: l’antica Ibla è costruita su tre colline separate da una profonda vallata. Conta anch’essa due centri, uno ricostruito sull’antico tracciato medievale e l’altro, la città alta (attuale), nuovamente costruito dopo il 1693. Conta nove magnifiche chiese e sette palazzi altrettanto eccezionali, tutti barocchi. La città alta di Ragusa ha subito l’impatto nefasto di uno sviluppo moderno inadeguato, e il complesso urbano ha subito le conseguenze della vicinanza ad attività chimiche, industriali e produzioni minerarie.

Scicli: la via Francesco Mormina Penna si estende dal vicinissimo palazzo Beneventano, forse l’unico in Sicilia a possedere una decorazione così fantastica, in un quadro urbano dove
le chiese si trovano accanto ad edifici patrizi di epoca tardo barocca. Tre chiese (San Giovanni l’Evangelista, San Michele e Santa Teresa) datano del XVIII secolo.
Tutta la regione si trova in zona classificata a rischio sismico di livello 2 (l’ultimo terremoto è del 1990), con un’intensità prevista tra 4-5 gradi della scala Richter.
Caltagirone e Noto potrebbero ugualmente subire scivolamenti di terreno post-sismico, e Catania le distruzioni di un’eruzione vulcanica dell’Etna. Tutte le città proposte per l’iscrizione dispongono di un piano di protezione civile che evidenzia le principali vie di fuga in caso di catastrofe. Circa 120.000 abitanti vivono nelle otto città, la metà di loro nel centro storico di Catania.

 

GESTIONE E PROTEZIONE

Stato giuridico
Nelle otto città, la maggior parte dei beni appartiene a privati. Gli edifici religiosi aperti al culto appartengono principalmente alle diocesi, e alcuni allo Stato italiano tramite il Ministero dell’Interno. Le autorità locali sono proprietarie della maggior parte degli edifici monumentali che presentano un qualsiasi valore architettonico. Si tratta di istituzioni pubbliche e i beni di cui si occupano sono dunque considerati come proprietà pubblica.

Gestione
Le principali misure di protezione e conservazione provengono dalla legislazione nazionale e regionale per la protezione del patrimonio artistico, monumentale, paesaggistico, naturale, sismico, idrogeologico e forestale, particolarmente le leggi 1089/39, 1497/39, 64/74, 431/85 e quelle regionali 61/81 e 15/91. In seno all’infrastruttura burocratica che mette in opera questi testi, le diverse sezioni siciliane della Soprintendenza ai Beni Architettonici e Ambientali rendono direttamente conto al servizio regionale del Patrimonio culturale. A causa del fattore sismico l’Amministrazione Pubblica incaricata della viabilità ha un ruolo importante nella sorveglianza della sicurezza degli edifici e dunque della manutenzione del tessuto; lavora direttamente agli ordini del servizio regionale dei Lavori pubblici.

E’ di pertinenza delle province di Catania, Ragusa e Siracusa e dei comuni delle otto città proposte per l’iscrizione, vigilare alla conservazione del patrimonio urbano e architettonico presente nei rispettivi territori. Le quattro diocesi sono, per la loro parte, responsabili degli edifici religiosi e del loro contenuto artistico, e ognuna di esse, se si rendono necessari dei lavori, può rivolgersi a cinque agenzie, dallo Stato sino a livello comunale.

Le otto città proposte per l’iscrizione sono sottoposte a diversi piani regionali, come quello per lo sviluppo economico e sociale regionale che prevedono “progetti di messa in opera” come quello del turismo e del patrimonio culturale. Quanto alle direttive regionali sulla pianificazione del paesaggio, esse identificano, fra l’altro, quattro “assi di intervento strategico implicanti direttamente la protezione e la valorizzazione del paesaggio e dell’ambiente”, che comprendono la conservazione e la classificazione del patrimonio d’interesse storico, archeologico, artistico, culturale e documentario. Le otto città sono identificate nei rispettivi piani urbani come zone territoriali omogenee o centri storici in cui il patrimonio urbano e architettonico può essere oggetto di lavori di restauro e manutenzione solo nel rispetto della vocazione storica e culturale di ogni città. Ragusa possiede un suo piano quinquennale.

La conservazione viene finanziata ogni anno per via normale, nel quadro dei bilanci regionali, provinciali e comunali. Ragusa e Ibla godono di un finanziamento regionale speciale. Pertanto, immediatamente dopo il terremoto del 13 dicembre 1990 sono stai sboccati 2.849 miliardi di lire per gli edifici pubblici d’importanza architettonica, questa somma resta ancora la principale fonte di finanziamento speciale. Successivamente, 970 miliardi di lire supplementari sono stati messi a disposizione degli edifici storici di proprietà privata.
Nella prima proposta d’iscrizione non esisteva nessun piano di gestione, benché fosse stato allegato un documento con questo titolo. Si basava solo sul futuro. Sottolineava i notevoli ostacoli da superare per raggiungere un accordo su una gestione omogenea negli otto comuni diversi e distanti, sparsi in una vasta zona che implica il ricorso a diverse agenzie nella gerarchia amministrativa. Tuttavia delineava le tappe che permettevano di elaborare un simile piano ed elaborava una lista di tredici obiettivi concernenti la ricerca, la messa a punto di una banca dati, di misure anti-sismiche, la sorveglianza, l’integrazione dei programmi, i partnernariati con il settore privato, la richiesta di fondi, soprattutto presso istanze europee, la rigenerazione delle comunità locali e il miglioramento dell’accesso.

Data l’assenza di un piano di gestione, l’Ufficio ha deciso, durante la sua venticinquesima sessione ordinaria del giugno 2001 di raccomandare secondo l’indicazione dell’ICOMOS di differire l’esame di questa proposta d’iscrizione , “individuando lo Stato coinvolto a riconsiderare la natura, la portata e la struttura di una proposta nuova, che includesse il piano di gestione”. L’11 gennaio 2002 l’UNESCO ha ricevuto un dossier rivisitato di proposta d’iscrizione che ha trasmesso tre giorni dopo all’ICOMOS.

Questo documento includeva il testo di una convenzione tra il Ministero dei Beni culturali e il Consiglio dei beni culturali della regione Sicilia datata 11 ottobre 2001, “sul metodo da utilizzare per concepire e mettere in opera il piano di gestione” per il sito proposto per l’iscrizione. L’Articolo 2 di questa convenzione recita: “ Il principale obiettivo di questa collaborazione è di trovare la maniera più efficace, all’interno dei limiti dell’attuale legislazione in vigore, per coordinare le azioni di tutti i consigli locali in oggetto e per assicurare la loro cooperazione al fine di evitare ogni sovrapposizione e ripetizione inutile di operazioni e lo spreco di risorse, provocate dalle numerose entità incaricate della gestione dei beni proposti per l’iscrizione, sia indipendentemente che per gruppi. Le parti dovrebbero anche trovare il metodo e dunque fare il lavoro preparatorio e applicare il piano di gestione. Quest’ultimo può essere considerato come una guida tecnica che fornisce gli orientamenti alle numerose parti in causa, un quadro per preservare il patrimonio ed accrescere la presa di conoscenza culturale e il valore economico del sito sottoposto all’approvazione dell’UNESCO”.

E’ stato aggiunto un altro documento, anch’esso allegato, dal titolo “piano di gestione del Val di Noto: obiettivi e strutture”. L’8 novembre 2001 si è tenuta una riunione a Siracusa con i rappresentanti di tutti i comuni concernenti gli otto siti proposti per l’iscrizione. E’ stata creata una commissione di esperti per redigere il piano di gestione definito dalla convenzione citata in precedenza. Questa commissione ha prodotto delle raccomandazioni dettagliate per la redazione del piano di gestione. Il suo principale obiettivo sarà di “perseguire l’integrazione della conservazione e delle funzioni di valorizzazione che dipendono dalla gestione dei beni e del loro ambiente”. A questo scopo, “contribuirà a modificare il campo di applicazione del processo di valorizzazione dei beni e accrescerà di conseguenza i suoi obiettivi, sia generali che specifici; ridefinirà i processi di assunzione di decisioni per ciò che riguarda i beni protetti e il loro ambiente immediato”.

Il processo di valorizzazione dei beni prevede il sostegno dello sviluppo locale, oltre agli obiettivi classici di miglioramento della conservazione e di azioni pedagogiche. Nel campo dell’assunzione di decisioni, l’obiettivo è modernizzare le strutture di gestione così come le funzioni esistenti di strategia e gestione.
La concezione e la messa in opera del piano si faranno in tre fasi. La prima consisterà in un’analisi dettagliata di tutte le attività e le funzioni dei beni,che riprenderà la loro genesi ed il loro sviluppo. Si tratterà anche di valutare obiettivamente il livello di efficacia raggiunto nella gestione di queste attività. Nella fase successiva, si porrà l’accento sul modo di integrare la gestione dei beni e della zona (dal punto di vista dell’ambiente fisico e sociale), con particolare attenzione alla qualità dell’ambiente, alla ricettività e all’accessibilità della zona. Nella terza fase, si tratterà d’integrare il processo di promozione dei beni e il contesto economico locale.

Alla riunione di novembre a Siracusa, sono state adottate le grandi linee del seguente piano di previsione:

1. Analisi della situazione attuale: zona; risorse; problemi; partecipanti; sistemi attuali.
2. Definizione delle strategie di conservazione e di promozione: obiettivi strategici; partecipanti e responsabilità; misure che i partecipanti devono prendere; attività durevoli attuali o potenziali; attività promozionali; finanziamento.
3. Manutenzione nel rispetto della preservazione, restauro e ripristino dello stato antico; valutazione dello stato esistente; definizione del campo di azione; organizzazione dei sistemi d’informazione e di consultazione; programmazione degli avvenimenti; monitoraggio e prove.
4. Prevenzione dei rischi: documentazione, definizione delle strategie e delle priorità, progetti e programmi di manutenzione e consolidamento; piani di emergenza; monitoraggio.
5. Impatti economici previsti (turismo ed altre attività economiche); definizione di un programma integrato; definizione di un piano di valorizzazione del turismo; utilizzazione dei siti culturali per il turismo; definizione dei diversi profili di turismo; definizione dei profili dei visitatori, ecc.; valutazioni delle potenziali capacità d’accoglienza; promozione e immagine; trasporto e accesso; azione pedagogica; identificazione di altre risorse e produzioni culturali materiali e immateriali; piano di marketing regionale; identificazione delle risorse finanziarie.
6. Programmazione e messa in opera del piano; comitato di coordinamento; programmi annuali degli interventi; relazioni fra programmi annuali e piani a medio e lungo termine; valutazione delle risorse finanziarie.
7. Monitoraggio: valutazione dei parametri e programmazione; programmazione delle azioni e dei rapporti; prove del piano di gestione.

Le raccomandazioni dettagliate del piano di gestione sono state studiate dall’ICOMOS che le considera pienamente conformi alle esigenze degli Orientamenti che devono guidare la messa in opera della Convenzione del patrimonio mondiale.

CONSERVAZIONE E AUTENTICITÀ

Storia della conservazione
La storia della conservazione delle otto città proposte per l’iscrizione può riassumersi semplicemente: una manutenzione a lungo termine alle prese con un degrado a lungo termine, punteggiato da terremoti (e eruzioni vulcaniche nel caso di Catania), in un contesto di rischio sismico permanente.

Autenticità e integrità
Il grado di autenticità e integrità artistico, architettonico ed estetico è elevato, sia in termini di qualità, che di sopravvivenza. La sopravvivenza quasi totale, con poche intrusioni inappropriate, di piani urbani che esprimono la gamma delle possibili reazioni di fronte al disastro del 1693, accresce ancora la qualità e l’interesse di questa proposta, sul piano dell’autenticità come su quello dell’ntegrità.

Valutazione
Azione dell’ICOMOS
E’ stata effettuata una perizia dell’ICOMOS nelle città proposte per l’ iscrizione nel gennaio 2001. L’ICOMOS ha anche consultato il suo Comitato scientifico internazionale sulle città e villaggi storici (CIVVH).

Caratteristiche
La città offre numerosi esempi d’arte e d’architettura dell’epoca tardo barocca, di grande qualità e di una notevole omogeneità, secondo le circostanze proprie dell’epoca, nel luogo e nel contesto sociale nei quali sono nati. Le loro attuali condizioni vanno da zone urbane considerevoli con tracciato del XVIII secolo fondamentalmente conservato alla più grande di queste città, Catania, in cui la geometria del piano urbano del 1690 e la grandezza degli edifici coesistono con il caos e la circolazione di una moderna città indaffarata.
Globalmente, si può constatare la lenta rovina della muratura e, inevitabilmente in una regione sismica nota, il timore di una prossima catastrofe. Catania potrebbe anche essere toccata da un’eruzione vulcanica.

Analisi comparativa
Non esiste in Europa nessun altro fenomeno urbano e architettonico del periodo barocco di paragonabile interesse. Il suo contesto, quello di una ricostruzione all’indomani di un terremoto, accentua ancor di più il suo interesse.

Uno sforzo di simile ricostruzione fu simultaneamente messo in opera a Malta, anche se lì il terremoto del 1693 causò meno danni. L’antico centro-città di Mdina fu ricostruito, come Catania, nello stesso sito, mentre La Valletta, di costruzione più moderna, fu meno colpita. Globalmente Malta conferma certi tratti siciliani come rappresentativi della reazione mediterranea ad un terremoto nel periodo barocco; tuttavia, il fenomeno di ricostruzione maltese è di portata di gran lunga inferiore e ha dato luogo alla nascita di un minor numero di monumenti, più facili da gestire.

Nel 1775 un terremoto distrusse Lisbona, facendo 30.000 morti. La pertinenza di questo fatto in rapporto alla Sicilia non risiede nell’architettura in quanto arte, quanto piuttosto nell’architettura in quanto ingegneria strutturale. Dopo il 1693, la Sicilia diviene pioniera nella ricerca sulla costruzione anti-sismica, ed è nel quadro della ricostruzione siciliana, soprattutto a Catania, che furono applicate le prime normative anti-sismiche.
Quest’aspetto fu sistematicamente ripreso dai portoghesi nella seconda metà del XVIII secolo.

Osservazioni e raccomandazioni dell’ICOMOS per azioni future
Nella sua prima valutazione l’ICOMOS notava che le otto città proposte per l’iscrizione erano il frutto di un’accurata selezione fra un numero molto più elevato di città toccate dal terremoto del 1693. Si chiedeva, tuttavia, se sarebbe stato possibile effettuare un’ulteriore selezione.

Nel dossier di proposta d’iscrizione rivisitato, lo Stato coinvolto presenta argomenti convincenti per ognuna delle otto città, individualmente e nel loro insieme. L’ICOMOS accetta questa valutazione rivisitata e questa nuova interpretazione, ed esprime la sua gratitudine allo Stato coinvolto per le competenze e l’erudizione con le quali ha presentato l’informazione.

BREVE DESCRIZIONE

Le otto città del sud-est dell’Italia proposte per l’iscrizione sono state tutte ricostruite dopo il 1693, nel sito o accanto alle città esistenti prima del terremoto di quell’anno.
Rappresentano un’iniziativa collettiva considerevole, condotta con successo sino ad un alto grado di realizzazione architettonica e artistica, globalmente conforme allo stile tardo barocco, ma presentano innovazioni notevoli nel campo dell’urbanistica e della costruzione.

DICHIARAZIONE DI VALORE

Il terremoto catastrofico che scosse il sud-est della Sicilia nel 1693 causò terribili danni ad un certo numero di città della regione. Il loro restauro e la loro ricostruzione portò alla creazione di un insieme eccezionale di città che riflettono l’architettura dell’epoca tardo-barocca prevalente in tutte le sue forme e applicazione alla fine del XVII secolo.

RACCOMANDAZIONI

Che questo bene venga iscritto sulla Lista del patrimonio mondiale sulla base dei criteri I, II, IV e V:

Criterio I
Questo gruppo di città del sud-est della Sicilia offre una testimonianza eccezionale del genio esuberante dell’arte e dell’architettura dell’epoca tardo barocca

Criterio II
Le città della valle di Noto rappresentano l’apogeo e la fioritura finale dell’arte barocca in Europa

Criterio IV
La qualità eccezionale dell’arte e dell’architettura dell’epoca tardo-barocca della valle di Noto risiede nella sua omogeneità geografica e cronologica, così come la sua abbondanza è il risultato del terremoto del 1693 in questa regione

Criterio V
Le otto città del sud-est della Sicilia che costituiscono questa proposta d’iscrizione sono caratteristiche dei modelli di creazione urbana di questa regione e sono situati sotto la minaccia costante dei rischi di terremoti e delle eruzioni dell’Etna. Mentre l’ICOMOS apprezza la ragione del cambiamento di titolo del bene proposto per l’iscrizione, suggerisce che lo Stato coinvolto prenda in considerazione la seguente modifica supplementare, al fine di pervenire ad una migliore armonizzazione con i titoli dei beni iscritti nella lista del patrimonio mondiale: “Le città dell’epoca tardo-barocca della valle di Noto (sud-est della Sicilia)”